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Cytokine Gene Polymorphisms Associ ate with Mic robiogic al Ag ents in Periodontal Disease: Our Experience
Cantore S, Mirgaldi R, Ballini A, Coscia MF, Scacco S, Papa F, Inchingolo F, Dipalma G, De Vito D International Journal of Medical Sciences 2014; 11(7): 674-9
La parodontologia si è evoluta da un
modello semplicistico ad una interazione
più complessa tra l’infezione
e la risposta dell’ospite. Una recente
aggiunta alla lista dei fattori di rischio
per malattia parodontale risultano essere
i fattori genetici.
Di grande interesse per
ricercatori e clinici è lo studio e la comprensione
dei processi che portano alla distruzione
ed alla rigenerazione dei tessuti
danneggianti. La suscettibilità interindividuale
del singolo soggetto per la malattia parodontale è rimasta un enigma così come
l’ampia varietà dei fattori di rischio risulta
implicata nell’eziopatogenesi e progressione
della malattia.
Gli emergenti
modelli di studio suggeriscono che le interazioni
gene-ambiente sono eziologicamente
importanti nella patogenesi della
malattia parodontale, sebbene l’attuale
utilità pratica delle conoscenze genetiche
nell’ambito della malattia parodontale sia
limitata. Le varianti alleliche a loci di genici
multipli probabilmente influenzano la
suscettibilità alla parodontite.
La citochina
pro-infiammatoria interleuchina-1 (IL-
1) è un modulatore chiave della risposte
dell’ospite all’attacco microbico, oltre che
un rilevante modulatore del catabolismo
della matrice extracellulare e del riassorbimento
osseo, ed i polimorfismi del cluster
del gene IL-1 risultano essere associati
ad un aumentato rischio di sviluppare una
malattia parodontale di grado severo.
Lo
scopo della presente ricerca è stato quello
di verificare se i polimorfismi dei geni
IL-1a+4845 ed IL-1b+3954 sono collegati alla
malattia parodontale, in una popolazione
di studio caso-controllo, delimitata a una
specifica area geografica, in associazione
con la ricerca di dati microbiologici.
I
polimorfismi osservati nei polimorfismi
a singolo nucleotide (SNPs) in IL-1a+4845 e
IL-1b+3954 sono stati significativamente differenti
tra i gruppi di studio (controlli sani,
malattia parodontale di grado lieve, moderato
e severo) con p <0,05, d.f. = 1. È stata
riscontrata una correlazione significativa
tra la forma severa di malattia parodontale
e la presenza del genotipo composito
(p <0,05, df = 1, calcolata tra sano vs severo).
Inoltre è stata rilevata un’associazione
statisticamente significativa tra la presenza
di alcuni batteri e la malattia parodontale
(p <0,05, df = 1).
I risultati della presente ricerca sono concordanti
con le osservazioni riportate in
letteratura.
Isolation and Characterization of Human Dental Pulp Stem Cells from Cryopreserved Pulp Ti ssues Obtained from Teeth with Irreversible Pulpi tis
Malekfar A, Valli KS, Kanafi MM, Bhonde RR Journal of Endodontics Online November 2015; 11
In evidenza
- Dopo trattamento endodontico sono state
isolate cellule staminali pulpari (DPSCs)
derivate dalla polpa fresca e da polpa
crioconservata.
- Abbiamo caratterizzato DPSCs di questi
2 gruppi e li abbiamo confrontati con l’altro.
- La crioconservazione di tessuti infiammati
della polpa permetterebbe di recuperare
cellule staminali senza perdere le
normali proprietà delle DPSC.
- I nostri dati preliminari potrebbero facilitare
lo sviluppo delle attuali pratiche Tissue Regeneration (CGTP) per futuri
protocolli.
Le cellule staminali umane derivate da polpa s) stanno diventando un bersaglio
attraente per scopi terapeutici, a causa
della loro origine mesenchimale derivante
dalla cresta neurale. Anche se le DPSCs possono
essere crioconservate con successo, in
letteratura non ci sono report su crioconservazione
dei tessuti pulpari ottenuti da denti
con diagnosi sintomatica di pulpite irreversibile
prelevati durante il trattamento endodontico.
Inoltre non esistono in letteratura
studi su l’isolamento e la caratterizzazione di DPSC da polpa infiammata e crioconservata.
Lo scopo di questo studio è stato quello di
criopreservare polpa infiammata per isolare
e caratterizzare le cellule staminali in essa
presenti.
Materiali e metodi
Un mezzo costituito da 90% di siero fetale bovino e 10% di dimetilsolfossido è stato utilizzato per la crioconservazione di tessuti pulpari. Le DPSCs sono state isolate da polpa fresca e crioconservata utilizzando un metodo enzimatico. La vitalità cellulare e la proliferazione sono stati determinati utilizzando il dosaggio MTT [3-(4,5-dimetiltiazol- 2-il)-2,5-difeniltetrazolio bromuro]. Le caratteristiche mesenchimali delle DPSCs sono state verificate mediante analisi citofluorimetrica di marcatori cellulari CD di superficie. Il potenziale osteogenico ed adipogenico delle cellule staminali DPSC è stato mostrato mediante colorazione von Kossa, Red Oil ed esame della polimerasi.
Risultati
Non è stata evidenziata alcuna differenza significativa nell’espressione di marcatori cellulari di superficie CD, così come non vi sono differenze nel potenziale osteogenico e adipogenico di differenziazione delle DPSCs derivate da tessuti di polpa dentale fresca o crioconservata.
Conclusioni
Il nostro studio dimostra che la polpa dentale può essere con successo crioconservata senza perdere le caratteristiche staminali ed il potenziale di differenziazione delle DPSCs, rendendole così adatte per futuri scopi terapeutici.
Accuracy and Reliability of Cone Beam Computed Tomographic Measurements of the Bone Labial and Palatal to the Maxillary Anterior Teeth
Behnia H, Motamedian SR, Kiani MT, Morad G, Khojasteh A Journal of Oral and Maxillofacial Implant Nov-Dec 2015; 30(6): 1249–55
Scopo
Lo scopo di questo studio è stato quello di misurare lo spessore osseo vestibolare e palatale di elementi dentari anteriori attraverso le immagini di tomografia computerizzata cone beam (CBCT), confrontando queste misure con le misure cliniche dirette degli elementi dentari al fine di determinare l’affidabilità e l’accuratezza delle CBCT.
Materiali e metodi
Diciotto (18) soggetti sani sono stati selezionati random tra i candidati per il posizionamento di impiant postestrattivi immediati nel mascellare anteriore. Dopo l’estrazione, lo spessore osseo vestibolare è stato misurato a 1, 4, e 8 mm dalla cresta ossea. Mentre lo spessore osseo palatale è stato misurato a 1 e 4 mm dalla cresta ossea. Le stesse misurazioni sono state effettuate sulle immagini CBCT preoperatorie. Le misurazioni CBCT sono state quindi confrontate con le misure dirette, e la loro precisione e affidabilità sono state valutate rispettivamente mediante coefficienti di correlazione di Pearson e coefficienti di correlazione intraclasse.
Risultati
La larghezza media dell’osso vestibolare è stata rispettivamente 0,50 ± 0,32 mm e 0,76 ± 0,37 mm per le misurazioni dirette e CBCT. Lo spessore medio dell’osso palatale è stato rispettivamente di 1,16 ± 0,53 mm e 1,41 ± 0,51 mm per misurazioni dirette e CBCT. L’errore medio assoluto e l’errore relativo delle misure CBCT rispetto alle misure dirette sono stati quantificati rispettivamente in 0,28 ± 0,29 mm e 0,60 ± 0,84 mm. La correlazione di Pearson tra CBCT e misurazione diretta dell’osso è stata 0,795 (P <0,001) ed il coefficiente di correlazione intraclasse tra le misurazioni dirette e CBCT è stato di 0,840. La correlazione tra la serie di misurazioni è aumentata significativamente quando l’osso mostrava un valore dello spessore superiore a 1 mm.
Conclusioni
Le misure CBCT dell’osso vestibolare sono apparse sovrastimate riguardo allo spessore osseo reale. La metodica di rilevazione d’immagini CBCT ha mostrato una relativa buona precisione ed affidabilità per spessori ossei vestibolari di oltre 1 mm. Tuttavia, la maggior parte dei soggetti hanno evidenziato uno spessore osseo vestibolare più sottile ed inferiore ad 1 mm. Pertanto, il solo esame CBCT, senza un’attenta valutazione delle possibili discrepanze in termini di accuratezza, può provocare grandi errori diagnostici in molti pazienti.