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The effect of cigarette smoking on early osseointegration of dental implants:
a prospective controlled study

Bezerra Ferreira JD, Rodrigues JA, Piattelli A, Iezzi G, Gehrke SA, Shibli JA. Clin Oral Implants Res 2015 Sep 26 doi:10.1111/clr.12705

Scopo del lavoro

Questo studio in umano ha valutato l’effetto del fumo di sigaretta sulla percentuale di iniziale contatto osso-impianto (BIC%), sulla densità ossea nell’area trattata (BA%), così come sulla densità ossea all’esterno dell’area trattata (BD% ) intorno a micro impianti con superficie sabbiata-mordenzata recuperati da mascellari in pazienti.

Materiali e metodi

Ventidue soggetti di età media 55,4 anni (±4,5) sono stati divisi in due gruppi: fumatori (n = 11 soggetti) e soggetti che non avevano mai fumato (n = 11 soggetti). Ogni soggetto ha ricevuto un micro impianto durante chirurgia implantare convenzionale della mandibola o della mascella. Dopo 8 settimane, i micro impianti e il tessuto circostante sono stati rimossi e preparati per l’analisi istomorfometrica.

Risultati

Due micro impianti posizionati in pazienti fumatori non hanno mostrato alcuna osteointegrazione. Nelle prime fasi di maturazione dell’osso neoformato era- no presenti, soprattutto nei pazienti che non avevano mai fumato. Perdita di osso marginale, distanza marginale e tessuto fibroso erano presenti attorno ad alcuni impianti recuperati da pazienti fumatori. Una valutazione della citometria ha indicato che la percentuale media di BIC variava tra 25,9 (±9,1) e 39,8 (±14,2) rispettivamente per i fumatori e i non fumatori, (p = 0,02). I fumatori hanno presentato una percentuale di BA di 28,6 (±10,1), mentre i non fumatori hanno mostrato 46,4 (±18,8) con (P = 0,04). La percentuale media di BD variava tra 19,1 (±7,6) e 28,5 (±18,8) rispettivamente per fumatori e non (p = 0,21).

Conclusioni

In questo studio, il fumo di sigaretta ha mostrato un effetto negativo sulla risposta del tessuto osseo attorno alla topografia di superficie implantare sabbiata e mordenzata.


Influence of Leukocyte and Platelet-Rich Fibrin (L-PRF) in the Healing of Simple Postextraction Sockets: A Split-Mouth Study

Marenzi G, Riccitiello F, Tia M, di Lauro A, Sammartino G Biomed Res Int 2015;2015:369273 doi: 10.1155/2015/369273. Epub 2015 Jul 26

Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare gli effetti del Leukocyte and Platelet-Rich Fibrin (L-PRF) sul dolore e sulla guarigione dei tessuti molli dopo estrazioni dentarie.
Ventisei pazienti (9 maschi e 17 femmine) sono stati trattati con estrazioni multiple (da 2 a 8), per un totale di 108 estrazioni. Si tratta di uno studio clinico esplorativo cieco randomizzato con un design splitmouth.
Il dolore dopo l’intervento è stato valutato in ciascun paziente attraverso la scala VAS (da 1 a 10) ad intervalli di 24-48-72-96 ore. La guarigione dei tessuti molli è stata valutata clinicamente a 3, 7, 14, e 21 giorni dopo l’intervento dallo stes so chirurgo esaminatore, usando la scala Healing Index modificata HIm (da 4 a 12).
Il valore medio del dolore da estrazione è stato quantificato in 3,2 (±0,3) nei siti test e 4,1 (±0,1) nei siti controllo.
Dopo 7 giorni dall’estrazione, i valori HIm nei gruppi trattati e in quelli controllo erano, rispettivamente, 4,8 (±0,6) e 5,1 (±0,9). Alla luce dei risultati ottenuti, l’uso di L-PRF come riempimento di siti post estrattivi, può essere proposto come una procedura utile al fine di gestire il dolore postoperatorio e promuovere il processo di guarigione dei tessuti molli, riducendo gli iniziali effetti negativi dell’infiammazione.


Digital vs conventional implant impressions: efficiency outcomes

Lee SJ, Gallucci GO Clinical Oral Implant Research 2013 Jan;24(1):111-5 Epub 2012 Feb 22

Scopo del lavoro

Lo scopo di questo studio pilota è stato quello di valutare nelle riabilitazioni protesiche di impianti singoli, l’efficienza, la difficoltà e la preferenza dell’operatore di una impronta digitale, confrontata con un’impronta convenzionale.

Materiali e metodi

Trenta studenti di odontoiatria HSDM del secondo anno hanno eseguito impronte convenzionali e digitali su un modello personalizzato che presenta un singolo impianto.
L’esito delle impronte è stato valutato e sono stati valutati i criteri di accettazione e la necessità di nuova scansione. L’efficienza delle tecniche di impronta è stata valutata misurando la preparazione, il tempo di acquisizione e la necessità di riprendere l’impronta, il tempo di scansione (m/s) ed il numero di ripetizioni delle scansioni. La percezione dei partecipanti al livello di difficoltà per entrambe le impronte è stata valutata con una scala analogica visiva (VAS) mediante un questionario.

Risultati

Il tempo medio totale del trattamento è stato di 24:42 m/s per l’impronta convenzionale e 12:29 m/s per l’impron ta digitale (P < 0.001). Il tempo medio di preparazione è stato di 4:42 m/s per la convenzionale e 3:35 m/s per le impronte digitali (p <0.001). Il tempo medio includendo le possibili ripetizioni delle scansioni è stato di 20:00 m/s per l’impronta convenzionale rispetto all’8:54 m/s per l’impronta digitale(p <0.001). Su una scala 0-100 VAS, i partecipanti hanno assegnato un livello di difficoltà medio di 43.12 (± 18.46) per la tecnica di impronta convenzionale e 30.63 (± 17.57) per la tecnica dell’impronta digitale (p = 0.006). Il sessanta per cento dei partecipanti ha preferito l’impronta digitale, il 7% la tecnica di impronta tradizionale ed il 33% non ha avuto preferenze.

Conclusioni

Le Impronte digitali hanno mostrato di essere una tecnica più efficiente rispetto all’impronta convenzionale. Una preparazione più lunga, un tempo di lavoro maggiore e talora la ripetizione dell’impronta sono stati necessari per completare una impronta convenzionale accettabile. Difficoltà inferiore per l’impronta digitale ri- spetto a quelle convenzionali, se eseguite da studenti inesperti di odontoiatria al secondo anno.


Comparison of Conventional Methods and Laser-Assisted Rapid Prototyping for Manufacturing Fixed Dental Prostheses: An In Vitro Study

Pompa G, Di Carlo S, De Angelis F, Cristalli MP, Annibali S Biomed Res Int 2015;2015:318097 doi: 10.1155/2015/318097. Epub 2015 Oct 21

Questo studio sperimentale ha valutato se vi siano differenze di chiusura marginale, tra tecniche di fusione laser e tecniche convenzionali, per la produzione di protesi dentarie fisse (FDPS).
Un dado in acciaio con 2 monconi è stato prodotto per ricevere una protesi dentaria fissa FDP posteriore di 4 elementi con cappette singole.
Il modello sperimentale è stato suddiviso in tre gruppi (n = 20/gruppo) prodotto: gruppo 1, lega di Ni-Cr, con una tecnica di fusione a cera persa; gruppo 2, lega Co-Cr, con fusione laser (SLM); gruppo 3, ossido di ittrio tetragonale zirconio policristallino (Y-TZP), ottenuto mediante fresatura. Tutti i campioni sono stati tagliati lungo l’asse longitudinale ed il loro adattamento è stato misurato presso la aree marginali e le spalle sui lati destro e sinistro di ogni pilastro. Le misurazioni sono state effettuate utilizzando uno stereomicroscopio (60x di ingrandimento) ed un microscopio elettronico a scansione (800x di ingrandimento).
 I dati sono stati analizzati utilizzando l’analisi unidirezionale della varianza ed il test di Bonferroni post hoc, con un cut-off di significatività del 5%. Differenze significative (p <0,05) sono state osservate tra il gruppo 3 e gli altri gruppi. L’apertura marginale è stata minore nelle sottostrutture in lega Co-Cr, mentre l’apertura spalla era inferiore nelle sottostrutture in lega Ni-Cr.
Entro i limiti di questo studio, è possibile affermare che l’adattamento marginale di un FDP risulta essere maggiore nelle strutture ottenute con prototipazione rapida (RP) rispetto ai sistemi di produzione tradizionali.

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