D.C. Penoni, T.K.S. Fidalgo, S.R. Torres, V.M. Varela, D. Masterson, A.T.T. Leão, L.C. Maia Journal of Dental Research – 2017
L’osteoporosi è una malattia scheletrica sistemica caratterizzata da una bassa densità minerale ossea (BMD) ed è stata considerata un fattore di rischio per la malattia parodontale.
Lo scopo della revisione sistematica e della meta-analisi era quello di verificare le prove scientifiche relative all’associazione della perdita di attacco parodontale con una bassa densità minerale ossea nelle donne in post-menopausa. Una ricerca sistematica della letteratura è stata effettuata in banche dati fino ad agosto 2016, in conformità con le linee guida per la revisione sistematica e meta-analisi (PRISMA). I criteri di ammissibilità includono studi che hanno confrontato la perdita di attacco clinico (CAL) tra le donne in post-menopausa con bassa densità minerale ossea e normale. Gli studi che utilizzano una metodologia simile, con un rischio inferiore e superiore di pregiudizi, sono stati raggruppati in 3 diverse meta-analisi per confrontare CAL tra le donne con normale densità minerale ossea, con osteoporosi e osteopenia. Nella prima meta-analisi, CAL è stata confrontata tra i gruppi.
Nelle altre 2 meta-analisi, le percentuali medie di siti con CAL ≥4 mm e ≥ 6 mm sono stati rispettivamente confrontati tra i gruppi. Da 792 citazioni uniche, 26 articoli sono stati selezionati per la sintesi qualitativa. Undici di questi studi hanno mostrato basso rischio di influenza, ed è stata osservata l’associazione tra bassa densità minerale ossea e CAL in 10 di questi studi.
Tredici articoli trasversali sono stati inclusi nella meta-analisi per l’osteoporosi e 9 nell’analisi di osteopenia. Le donne con bassa densità minerale ossea hanno presentato una maggiore media CAL rispetto a quelle con normale BMD (osteoporosi = 0,34 mm [95% intervallo di confidenza (IC), 0,20-0,49], p <0.001; osteopenia = 0,07 mm [95% CI, 0,01-0,13], P = 0.02). Solo studi con basso rischio di influenza erano disponibili per l’analisi della gravità di CAL.
Le donne con bassa densità minerale ossea presentano una perdita di attacco più grave, rappresentato in percentuale media di siti con CAL ≥4 mm (osteoporosi = 3.04 [95% CI, 1,23-4,85], p = 0,001; osteopenia = 1,74 [IC 95%, 0,36-3,12 ], P = 0.01) e CAL ≥6 mm (osteoporosi = 5,07 [IC 95%, 2,74-7,40], p <0.001).
Tale revisione sistematica unitamente alla meta-analisi indicano che le donne in post-menopausa con osteoporosi o osteopenia possono presentare una maggiore CAL rispetto alle donne con normale densità minerale ossea.
Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare i cambiamenti di volume osseo in regione molare dei mascellari dopo il posizionamento di impianti differiti.
Tutti i pazienti presentavano notevoli difetti ossei dopo le estrazioni dentali e il tessuto di granulazione è stato lasciato all’interno dei difetti. In nessuno dei siti sono stati utilizzati innesti. In tutti i casi sono state eseguite radiografie cone beam (CBCT) prima delle estrazioni dentali, al posizionamento dell’impianto (a 3 mesi dall’estrazione) e 3 anni dopo il posizionamento dell’impianto, per la valutazione del volume osseo.
A livello bucco-linguale è stata evidenziata una diminuzione statisticamente significativa (p=0,13) della larghezza dell’osso dopo il posizionamento dell’impianto. Inoltre, un aumento statisticamente significativo (p<0,01) è stata misurato dopo 3 anni dal posizionamento dell’impianto.
Sono state inoltre rilevate differenze statisticamente significative (p>0,05) fra i valori basali dei volumi ossei (prima dell’estrazione) ed a 3 anni dal posizionamento dell’impianto.
Al contrario non sono state evidenziate differenze statisticamente significative (p>0,05) della dimensione verticale ossea al posizionamento dell’impianto 3 mesi dopo l’estrazione degli elementi dentari. Infine sono state osservate differenze statisticamente significante (p<.0001) tra i valori basali dei volumi ossei (prima dell’estrazione) ed a 3 mesi dal posizionamento dell’impianto, così come tra il posizionamento dell’impianto e dopo 3 anni di follow-up. In conclusione, dopo 3 anni di follow-up la CBCT ha mostrato una buona risposta volumetrica ossea negli impianti differiti inseriti dopo 3 mesi in grandi difetti ossei dopo estrazione di elementi dentari.
Peixoto CD, Almas K Odontostomatol Trop 2016 Mar;39(153):23-35
La perimplantite è una malattia infiammatoria della mucosa peri-implantare che comporta la perdita dell’osso che supporta la fixture implantare.
A causa dell’assenza di una zona di tessuto connettivo non infiammato tra i siti sani e i siti malati, le lesioni peri-implantari tendono a progredire più rapidamente rispetto alle lesioni parodontali, suggerendo l’importanza di una diagnosi e di un intervento precoce.
Sono stati identificati un certo numero di fattori di rischio che possono portare all’inizio e alla progressione della mucosite perimplantare verso la perimplantite, ad esempio è stata suggerita la presenza di una precedente malattia parodontale, uno scarso controllo della placca batterica, una scarsa capacità di igiene del cavo orale, la presenza di residui di cemento, il fumo, fattori genetici, il diabete il sovraccarico occlusale, l’artrite reumatoide, l’aumento del tempo di carico e l’alcool. Non essendoci allo stato attuale una sufficiente letteratura scientifica disponibile sull’argomento, si mette in evidenza la relazione tra caratteristiche di superficie dell’impianto e le malattie peri-implantari.
Le caratteristiche di superficie dell’impianto variano in relazione alla topografia, la rugosità e la composizione dell’impianto.
Quindi l’obiettivo di questa revisione è stato quello di esplorare il rapporto tra le caratteristiche della superficie dell’impianto, la prevalenza e l’incidenza di perimplantite.
In tal modo potrebbe essere possibile identificare la possibile influenza delle caratteristiche di superficie, le istruzioni di igiene orale e le terapie di mantenimento degli impianti per successo della terapia implantare nel lungo termine.
Lo scopo di questo studio è stato quello di revisionare la letteratura circa fattori di rischio, sintomi e metodi di trattamento della perimpiantite e di proporre un albero decisionale della gestione di questa patologia.
La ricerca è stata condotta sui database MEDLINE ed EMBASE per articoli pubblicati tra il 1990 e il 2015. Sono stati inclusi nella revisione solo studi clinici sull’uomo in lingua inglese. La ricerca ha dato 44 case report pubblicati da 27 autori.
Il tempo medio della diagnosi della patologia è risultata essere 26,07 settimane dopo l’inserimento dell’impianto (SD ± 39,7). Il sintomo clinico più comune è risultato la formazione di una fistola, e si verifica più frequentemente a livello del mascellare superiore con valori statisticamente significativi (P = 0,04).
Una correlazione negativa è stata trovata tra il dolore e la presenza di un trattamento endodontico incompleto/patologia endodontica sul dente adiacente (r = -0,4; p = 0,009), mentre una correlazione positiva è stata mostrata tra il fattore di rischio endodontico e dolore tardivo correlati con la necessità di rimozione dell’impianto (r = 0,3; p = 0,028). Il trattamento di rigenerazione presente nel 45,2% dei casi o la rimozione dell’impianto eseguita nel 35,7% dei casi sono state le tecniche più comuni per la soluzione della perimplantite. In conclusione, è stato dimostrato come l’eziologia della perimplantite tardiva sia nella maggior parte dei casi di tipo infettivo.
Infine, un percorso decisionale finalizzato alla gestione di pazienti con periimplantite tardiva, legato alla possibile eziologia ed ai sintomi della malattia, potrebbe essere uno strumento utile nel trattamento della patologia stessa. Infine è stato suggerito un percorso decisionale per la gestione di tale patologia.
Behnia H, Motamedian SR, Kiani MT, Morad G, Khojasteh A Journal of Oral and Maxillofacial Implant Nov-Dec 2015; 30(6): 1249–55
Scopo del lavoro
Lo scopo di questo studio è stato quello di misurare lo spessore osseo vestibolare e pa- latale di elementi dentari anteriori attraver- so le immagini di tomografia computerizza- ta cone beam (CBCT), confrontando queste misure con le misure cliniche dirette degli elementi dentari al fine di determinare l’af- fidabilità e l’accuratezza delle CBCT. Materiali e metodi Diciotto (18) soggetti sani sono stati sele- zionati random tra i candidati per il posi- zionamento di impiant postestrattivi im- mediati nel mascellare anteriore.
Dopo l’estrazione, lo spessore osseo vestibolare è stato misurato a 1, 4, e 8 mm dalla cre- sta ossea.
Mentre lo spessore osseo palata- le è stato misurato a 1 e 4 mm dalla cresta ossea.
Le stesse misurazioni sono state ef- fettuate sulle immagini CBCT preoperato- rie. Le misurazioni CBCT sono state quindi confrontate con le misure dirette, e la lo- ro precisione e affidabilità sono state valu- tate rispettivamente mediante coefficienti di correlazione di Pearson e coefficienti di correlazione intraclasse. Risultati La larghezza media dell’osso vestibolare è stata rispettivamente 0,50 ± 0,32 mm e0,76 ± 0,37 mm per le misurazioni dirette e CBCT. Lo spessore medio dell’osso palata- le è stato rispettivamente di 1,16 ± 0,53 mm e 1,41 ± 0,51 mm per misurazioni dirette e CBCT. L’errore medio assoluto e l’errore re- lativo delle misure CBCT rispetto alle misu- re dirette sono stati quantificati rispettiva- mente in 0,28 ± 0,29 mm e 0,60 ± 0,84 mm.
La correlazione di Pearson tra CBCT e mi- surazione diretta dell’osso è stata 0,795 (P <0,001) ed il coefficiente di correlazione in- traclasse tra le misurazioni dirette e CBCT è stato di 0,840. La correlazione tra la serie di misurazioni è aumentata significativamen- te quando l’osso mostrava un valore dello spessore superiore a 1 mm.
Conclusioni
Le misure CBCT dell’osso vestibolare sono apparse sovrastimate riguardo allo spesso- re osseo reale.
La metodica di rilevazione d’immagini CBCT ha mostrato una relativa buona precisione ed affidabilità per spes- sori ossei vestibolari di oltre 1 mm. Tutta- via, la maggior parte dei soggetti hanno evidenziato uno spessore osseo vestibolare più sottile ed inferiore ad 1 mm. Pertanto, il solo esame CBCT, senza un’attenta valu- tazione delle possibili discrepanze in ter- mini di accuratezza, può provocare grandi errori diagnostici in molti pazienti.